
LA DELICATA POSIZIONE DEL DIRETTORE DEI LAVORI NEI CANTIERI IN TEMA DI SORVEGLIANZA TECNICA, PROFILI DI RESPONSABILITÀ ALLA LUCE DEI PIÙ RECENTI INDIRIZZI GIURISPRUDENZIALI.
10 Novembre 2022
BREAKING NEWS LEGAL ABC!
3 Dicembre 2022Nel nostro ordinamento non si parla espressamente di mobbing né in ambito civilistico né in quello penale. Per prassi però, si valutano i comportamenti dell’autore attivo del mobbing assimilandoli ad altri reati previsti dalla nostra normativa; la categoria in cui rientrano questi comportamenti è quella dei reati contro la persona e contro l’onore previsti e disciplinati dagli artt. 582 e ss. c.p.. Dimostrare l’intento persecutorio (i cui criteri sono stati stigmatizzati dalla Suprema Corte – Cass. Civ. n. 17698 del 6 agosto 2014) è di per sé sufficiente a condannare il datore di lavoro anche se di fatto i comportamenti che ha tenuto singolarmente non sarebbero considerati reati.
Al momento, il disegno di legge sul mobbing nel quale dovrebbe essere introdotto anche un reato specifico, resta ancora tra le norme che attendono di essere esaminate dal parlamento, ma i casi di condotte “mobbizzanti” sui luoghi di lavoro sono in crescente aumento e in assenza di una normativa specifica la giurisprudenza è intervenuta a sanare il vuoto normativo allo stato esistente dichiarando, dapprima, che il mobbing rientra nelle ipotesi di dimissioni per giusta causa; gli Ermellini hanno, a più riprese, affermato il principio di protezione del lavoratore sollevandolo dall’onore di dare un preavviso per le dimissioni. Il primo passo del lavoratore è quello di presentare le dimissioni online e al momento della scelta delle sue ragioni di barrare la casella contenente la voce “giusta causa”.
Spetterà al datore di lavoro versare a titolo di risarcimento una somma pari alla paga giornaliera moltiplicata per il numero di giorni di preavviso previsti in base all’anzianità lavorativa e alla posizione ricoperta dal lavoratore. Il presupposto è che le cose siano arrivate a uno stato tale da aver messo il lavoratore nella condizione di non poter più continuare neppure per un giorno e che questo sia imputabile al datore. Non spetta però al lavoratore, secondo il Supremo Consesso, (ex multis Cass. Civ. Sez. Lav. sentenza del 23 aprile 2012, n. 63429) il risarcimento del danno per essere rimasto privo di lavoro. Anche se il mercato rende difficile una ricollocazione rapida del lavoratore, la Corte ritiene che il risarcimento di questo tipo di danno sia già coperto dall’indennità di mancato preavviso.
Avv. Fabio Caprioni
Avv. Cecilia Di Guardo