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21 Febbraio 2021Una questione di spiccato interesse, sulla quale, assai di recente, si è pronunciata anche la Suprema Corte, è quella relativa alla possibilità, per il lavoratore posto in Cassa Integrazione di svolgere un’altra attività lavorativa.
La normativa in materia, segnatamente l’art. 8, commi 4 e 5, del D.L. n. 86/88, prevede che il lavoratore che svolga attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate e lo stesso decadrà dal diritto al trattamento di integrazione salariale qualora non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla sede provinciale dell’INPS dello svolgimento della predetta attività.
Appare opportuno, sin d’ora, evidenziare che non sussiste, pertanto, un vero e proprio divieto di prestare un’altra attività lavorativa nel corso della Cassa Integrazione, tuttavia vi sono delle regole da rispettare.
In primis è opportuno che la nuova occupazione non si sovrapponga temporalmente a quella relativa al rapporto di impiego per il quale il beneficio della Cassa Integrazione Guadagni è attivo, ossia non deve esservi coincidenza oraria. Ne deriva che sarà ovviamente incompatibile con la Cassa Integrazione il lavoro a tempo pieno ed indeterminato. In tale caso, difatti, il lavoratore decadrà immediatamente dal beneficio ed il rapporto originario si intenderà quale risolto.
Contrariamente a ciò, risulta possibile esercitare un’attività lavorativa differente part-time, sia a tempo determinato che a tempo indeterminato, sempre osservando la limitazione della non coincidenza di orari rispetto all’occupazione originaria.
Inoltre, risulta di rilievo evidenziare che la nuova attività lavorativa del beneficiario non deve porsi in concorrenza con l’attività originaria e deve essere con quest’ultima conciliabile.
Da ultimo, sarà possibile una cumulabilità solo parziale qualora il reddito derivante dalla nuova attività sia inferiore all’integrazione salariale, in tale caso il lavoratore percepirà esclusivamente il quantum rappresentativo della differenza tra il nuovo reddito e l’integrazione salariale.
La Suprema Corte è intervenuta sul tema, recentemente, con la sentenza n. 3116/2021 chiarendo che: “…l’obbligo di comunicazione preventiva a carico del lavoratore interessato sussiste anche se la nuova occupazione dia luogo ad un reddito compatibile con il godimento del trattamento di integrazione salariale; essa riguarda ogni attività di lavoro autonomo (oltre che subordinato) […] anche se svolta nell’ambito della partecipazione ad un’impresa e ancora, più in generale, qualsiasi attività potenzialmente remunerativa, pur se in concreto non abbia prodotto alcun reddito e pur se l’ente previdenziale ne abbia avuto comunque tempestiva notizia da parte del nuovo datore di lavoro…”.
Dalla lettura della pronuncia della Corte, pertanto, risulta con tutta evidenza che non sussista un divieto assoluto di prestare altra attività lavorativa nel corso della vigenza della Cassa Integrazione, tuttavia il lavoratore posto in CIG sarà tenuto a darne tempestiva comunicazione all’INPS, anche se la nuova attività lavorativa risulti compatibile con il beneficio.