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12 Luglio 2021La Corte Costituzionale è intervenuta, molto recentemente, sul tema dei canoni di locazione agevolati con specifico riguardo all’esclusione dagli stessi dei lavoratori autonomi.
Nello specifico la vicenda prendeva le mosse dall’impugnazione da parte di una lavoratrice autonoma di un provvedimento amministrativo con il quale era stato respinto il reclamo da lei proposto avverso la determinazione dei canoni per gli anni 2018 e 2019 e relativi all’immobile a lei assegnato, a suo avviso eccessivamente gravosi.
Orbene, il TAR sollevava questione di legittimità costituzionale, rimettendo la questione alla Consulta, sostenendo la violazione dell’art. 3 della Costituzione da parte dell’art. 31 della L. 27/2009, in relazione alla Regione Lombardia.
Il T.U. delle leggi regionali in materia edilizia residenziale pubblica, difatti, dispone che i nuclei familiari che abbiano un reddito che non abbia come fonte pensione o lavoro dipendente, vengono collocati nella categoria superiore a quella “protetta”, anche se il reddito risulta comunque inferiore a 9 mila euro. In altre parole, i lavoratori autonomi non sono collocati nella categoria di protezione prevista dall’ art. 3, lett. a).
Orbene, la Consulta ha considerato di condividere la soluzione prospettata dal giudice del TAR, ritenendo che gli alloggi di cui al caso concreto, ossia quelli di edilizia residenziale pubblica, sono destinati a soddisfare un bisogno primario, in quanto utili per garantire una casa a soggetti che versano in condizioni economiche gravose.
Tale diritto abitativo è collocato tra i diritti fondamentali dell’individuo, così come confermato sia dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea ex art.34, c. 3. Inoltre la Corte ha richiamato delle precedenti pronunce dalle quali si evince come il diritto all’abitazione assurga a rango di diritto primario e si stagli nel novero dei diritti inviolabili.
(ex multis C. Cost. 404/1988, e poi C. Cost. 44/2020, 168/2014, 161/2013, 61/2011, 176/2000).
La Corte Costituzionale, pertanto, nella predetta sentenza ha sancito l’incostituzionalità della predetta normativa, chiarendo che i lavoratori autonomi, alla presenza dei requisiti richiesti dalla legge debbano essere considerati alla stregua di lavoratori dipendenti e, pertanto, collocati nella categoria protetta.