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19 Novembre 2021L’Avv. Fabio Caprioni, partner del team LEGAL ABC, ha recentemente affrontato una controversia in materia di tutela della proprietà industriale, con specifico riferimento alla violazione del marchio.
Nel caso de quo, difatti, era stata proposta opposizione da parte di un’importante holding, operante nel settore farmaceutico, avverso la registrazione di un marchio di un’altra società operante nel medesimo settore, per asserita esistenza di un rischio di confusione e/o associazione tra il marchio identificativo della holding e quello del quale veniva richiesta la registrazione.
Orbene, al fine di comprendere al meglio quali siano le conclusioni cui si è giunti, appare opportuno svolgere una breve disamina delle norme che si pongono a tutela della proprietà industriale, con specifico riferimento a quelle relative alla tutela del marchio quale segno identificativo.
Nel nostro ordinamento la disciplina del marchio è contenuta, principalmente, nel D.lgs. N. 30/2005, comunemente chiamato “Codice della Proprietà Industriale”, ed altresì in alcune norme dedicate nel Codice Civile, segnatamente nel capo III, titolo VIII, libro V, oltre che rinvenibile in fonti internazionali.
Il marchio si identifica come il segno distintivo proprio di un prodotto o di un imprenditore e, pertanto, strumento molto utile per la sua tutela risulta essere la registrazione dello stesso.
Con la registrazione, difatti, l’imprenditore potrà ottenere numerosi benefici, tra i quali quelli di: una più efficace tutela nei confronti del valore commerciale del marchio stesso, difatti, attraverso la registrazione l’imprenditore acquisterà il diritto di esclusiva sull’utilizzo del marchio medesimo; in secondo luogo la registrazione è idonea ad importare una tutela più incisiva per il marchio stesso avverso la contraffazione; da ultimo, inoltre, il marchio registrato avrà un valore commerciale ben più elevato, ben potendo costituire fonte di reddito derivante da accordi commerciali con soggetti terzi.
Ciò che rileva, ai fini della registrazione di un marchio, è la presenza di determinati requisiti; in carenza dei quali la registrazione non potrà essere effettuata. Innanzi tutto l’art. 7 del Codice della Proprietà Industriale sancisce che possano costituire oggetto di registrazione “tutti i segni idonei a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese…”, ne consegue che i requisiti richiesti dalla normativa al fine della registrazione del marchio sono certamente quelli della novità e della capacità distintiva, ai quali deve essere aggiunto quello della liceità.
Se i requisiti sono presenti si potrà proporre domanda di registrazione di marchio presso l’Ufficio Italiano Marchi e Brevetti.
A tale domanda, tuttavia, sarà possibile proporre opposizione entro tre mesi dalla pubblicazione della domanda di registrazione del marchio. A tal proposito l’art. 176 C.P.I. stabilisce che tramite l’opposizione possa essere fatta valere sia l’esistenza di marchi identici o affini già registrati, sia l’esistenza di marchi similari già registrati, sia l’esistenza di marchi identici, affini o similari già notoriamente conosciuti.
L’opposizione potrà dirsi fondata e, pertanto, meriterà integrale accoglimento da parte dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi qualora risulti che effettivamente il marchio oggetto di registrazione sia confondibile con quello già registrato o comunque notorio, sulla base di un’indagine che deve essere condotta sulla scorta del parametro della clientela di media diligenza.
A tal proposito la Corte di Cassazione, con Ordinanza n. 26001/2018, ha da ultimo ribadito che “la valutazione circa la somiglianza di due marchi tale da indurre il pubblico ad una possibile confusione, debba essere condotta avendo riguardo ad una clientela dotata di una certa diligenza ed avvedutezza”.
A dire della Suprema Corte, difatti, un segno distintivo potrà considerarsi simile ad un altro in maniera tale da ingenerare confusione nel consumatore qualora il titolare del segno successivo si sia appropriato di un “nucleo ideologico del primo”, idoneo cioè ad esprimerne l’attitudine individualizzante, ossia quella volta all’orientamento delle scelte dei consumatori. Solo qualora tale evenienza dovesse risultare ricorrente, allora si potrà considerare l’opposizione alla registrazione del marchio come fondata.