
SOCIETÀ COOPERATIVA: IN CASO DI ESCLUSIONE DEL SOCIO NON SI APPLICA LA NORMATIVA SUI LICENZIAMENTI
21 Febbraio 2024
Assegno sociale riconosciuto anche in capo agli stranieri se titolari di permesso di soggiorno per finalità lavorative?
1 Marzo 2024Un recente arresto della Suprema Corte (Cassazione Penale, Sez. II, 16 febbraio 2024 (ud. 10 novembre 2023), n. 7128, Presidente Rosi, Relatore Di Paola) ha affrontato il delicato tema dell’estorsione da parte del datore di lavoro e sulla rilevanza penale dei comportamenti “opportunistici” posti in essere in fase di assunzione.
In particolare si è affrontato il tema della rilevanza penale del comportamento del datore di lavoro che costringa un lavoratore (o un aspirante lavoratore) ad accettare condizioni di lavoro contrarie alla legge o peggiorative dietro la minaccia di essere licenziato (o di non essere assunto).
La Corte ha individuato il discrimine tra il reato di estorsione e quella che la Corte stessa definisce una «opportunistica ricerca di forza lavoro tra soggetti in attesa di occupazione» nell’esistenza o meno di un rapporto di lavoro già in atto.
In fase di assunzione – si legge nella sentenza – «la prospettazione da parte del (potenziale) datore di lavoro ad un aspirante dipendente dell’alternativa tra rinuncia, anche parziale, alla retribuzione o ad altre prestazioni e la perdita dell’opportunità lavorativa difetta, in primo luogo, del requisito della minaccia, non sussistendo prima della conclusione dell’accordo un diritto dell’aspirante lavoratore ad essere assunto a determinate condizioni, considerate altresì l’assenza di livelli minimi salariali (come dimostra l’esperienza contemporanea) e l’insussistenza a favore del lavoratore subordinato di un diritto soggettivo alla parità di trattamento (non essendo consentito alcun controllo di ragionevolezza da parte del giudice sugli atti di autonomia)».
In questo caso – ossia sempre prima della assunzione – «manca anche il requisito dell’altrui danno, in ragione della preesistente condizione di disoccupazione per i lavoratori».
Diverso è il caso – prosegue la Corte – «in cui il datore di lavoro, per costringere chi è già un dipendente ad accettare modifiche peggiorative del rapporto di lavoro, prospetti alla vittima la conseguenza – in caso di mancata adesione – dell’interruzione del rapporto di lavoro mediante licenziamento o dimissioni forzate».
In questa ipotesi, «sussiste sia la minaccia (realizzata usando il contratto come strumento di coercizione della volontà altrui per finalità illecite), sia il profitto del datore di lavoro (che consegue le medesime prestazioni lavorative violando il convenuto rapporto di corrispondenza con le proprie obbligazioni), sia il danno per la vittima (che viene privata di diritti già acquisiti per effetto della conclusione del contratto)».
In conclusione, «il discrimine che segna il confine tra ipotesi opportunistica di ricerca di forza lavoro tra soggetti in attesa di occupazione e estorsione è l’esistenza di un rapporto di lavoro già in atto (anche se solo di fatto o non conforme ai tipi legali), rispetto al quale integra estorsione la pretesa di ottenere vantaggi patrimoniali da parte del datore di lavoro attraverso la modifica, in senso peggiorativo, dell’accordo concluso tra le parti».
Avv. Amedeo Di Odoardo
Avv. Cecilia Di Guardo