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LICENZIAMENTO PER SCARSO RENDIMENTO: QUANDO POSSIBILE?

Con sentenza n. 9453/2023, la Suprema Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul tema del licenziamento per scarso rendimento.

Infatti, tale tipologia di recesso risulta certamente fattispecie giuridica complessa e non di facile interpretazione.

Quando la prestazione di un lavoratore può essere considerata “scarsa” sotto il profilo del rendimento atteso? Quando lo scarso rendimento diviene fattispecie disciplinarmente rilevante nel rapporto di lavoro?

La Corte di Cassazione – con la pronuncia oggetto della presente disamina – ha ricostruito tutti i profili fattuali/giuridici da cui partire per poter parlare di scarso rendimento del prestatore di lavoro.

Secondo la giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto (richiamata dalla sentenza oggetto di analisi) nel licenziamento per scarso rendimento del lavoratore, rientrante nel tipo del licenziamento per giustificato motivo soggettivo, il datore di lavoro – cui spetta l’onere della prova – non può limitarsi a provare: 

  1. solo il mancato raggiungimento del risultato atteso o l’oggettiva sua esigibilità, 
  2. ma deve anche provare che la causa di esso derivi da colpevole negligente inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore nell’espletamento della sua normale prestazione (così, nei termini più chiari, Cass. civ., sez. lav., 17.9.2009, n. 20050).

Dunque, partendo da i principi sopra esposti, nel caso in esame della Corte di Cassazione, gli Ermellini hanno pertanto considerato legittimo il recesso dell’azienda per scarso rendimento quanto il licenziamento (cd. per scarso rendimento) costituisce un’ipotesi di recesso del datore di lavoro per notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore, che, a sua volta, si pone come specie della risoluzione per inadempimento di cui agli artt. 1453 e segg. cod. civ, sicché, fermo restando che il mancato raggiungimento di un risultato prefissato non costituisce di per sé inadempimento, ove siano individuabili dei parametri per accertare se la prestazione sia eseguita con diligenza e professionalità medie, proprie delle mansioni affidate al lavoratore, lo scostamento da essi può costituire segno o indice di non esatta esecuzione della prestazione, sulla scorta di una valutazione complessiva dell’attività resa per un apprezzabile periodo di tempo (così Cass. civ., sez. lav., 9.7.2015, n. 14310). 

Pertanto è stato ritenuto legittimo il licenziamento intimato al lavoratore per scarso rendimento qualora sia provata, sulla scorta della valutazione complessiva dell’attività resa dal lavoratore stesso ed in base agli elementi dimostrati dal datore di lavoro, una evidente violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente – ed a lui imputabile – in conseguenza dell’enorme sproporzione tra gli obiettivi fissati dai programmi di produzione per il lavoratore e quanto effettivamente realizzato nel periodo di riferimento, tenuto conto della media attività tra i vari dipendenti ed indipendentemente dal conseguimento di una soglia minima di produzione (in tal senso Cass. ciiv., sez. lav.,4.9.2014, n. 18678).

Quindi, al fine di legittimare il recesso del datore di lavoro dovrà essere provato in giudizio che al prestatore di lavoro:

  1. siano stato comunicati degli obiettivi fissati dai programmi di produzione;
  2. il mancato raggiungimento dei predetti obiettivi;
  3. un enorme sproporzione tra gli obiettivi fissati per il lavoratore e quanto effettivamente realizzato nel periodo di riferimento;
  4. la media delle attività degli altri dipendenti superiori al rendimento effettivo del prestatore di lavoro e questo indipendentemente dal conseguimento di una soglia minima di produzione;
  5. un’importante lasso di tempo di raffronto;
  6. l’imputabilità dello scarso rendimento al lavoratore.

Avv. Giulio Borrelli

Avv. Cecilia Di Guardo 

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giulio

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