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14 Ottobre 2022La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 28482/2022 resa in data 30 settembre 2022, ha chiarito quali indici debbano essere presi in considerazione al fine di determinare la capacità reddituale dei coniugi nell’ambito della determinazione degli assegni dovuti all’altro.
Il caso in esame prende le mosse dalla decisione resa dalla Corte di appello di Napoli, nella sentenza n. 4476/2019, pubblicata il 16 settembre 2019, con la quale il Giudice respingeva l’appello principale proposto dal ricorrente avverso la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che, nel pronunziare la separazione personale fra i due coniugi, aveva disatteso la domanda di addebito di uno dei sue, rigettando la domanda di assegnazione della casa coniugale alla moglie, in relazione alla raggiunta indipendenza economica della figlia e riconoscendo alla moglie l’assegno di mantenimento dell’importo di €. 650,00 mensili.
La Corte di appello di Napoli confermava la decisione sull’assegnazione della casa coniugale resa dal Tribunale e confermava la determinazione dell’assegno di mantenimento a carico del marito così come disposta dal Tribunale rilevando che, a fronte della documentazione ritualmente prodotta dalla moglie circa il coinvolgimento del marito in un’attività imprenditoriale e della prospettata capacità patrimoniale correlata alla comproprietà di un capannone ed alla successiva acquisizione in proprietà per successione di testamentaria, era evidente la vivacità imprenditoriale del marito, acclarata da plurimi elementi anche indiziari, pur non risultando il volume di affari delle imprese commerciali dello stesso tale da giustificare il preteso pagamento dell’assegno.
Ebbene, la ricorrente proponeva ricorso per cassazione deducente, tra gli altri motivi, che la Corte di appello avrebbe desunto la vivacità imprenditoriale del marito da elementi prodotti tardivamente e dunque inutilizzabili, nemmeno risultando esistenti elementi per ritenere la simulazione di un contratto societario. La Corte di appello avrebbe poi omesso di esaminare le dichiarazioni dei redditi del ricorrente, dalle quali era possibile trarre elementi rilevanti quanto alla capacità patrimoniale dello stesso, non risultando alcunchè da tali atti quanto ai redditi delle due società indicate dalla Corte di appello.
Ebbene, la Suprema Corte si è espressa chiarendo che: “La censura, invero, pur prospettando l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, attiene in realtà alla valutazione meritale della Corte di appello in ordine alla capacità patrimoniale dell’ A. che è stata desunta da un complesso di elementi probatori – indagini della Guardia di Finanza, movimentazioni in denaro, pluralità di indizi in ordine al coinvolgimento del ricorrente nell’attività della di lui compagna, sentenza penale di condanna penale – considerati dalla Corte di appello univocamente idonei a dimostrare la vivacità imprenditoriale del predetto. Circostanze, queste ultime, che escludono che la Corte di appello sia incorsa in un omesso esame di elementi rappresentati dalle dichiarazioni dei redditi, attingendo la censura il potere valutativo del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità proprio in relazione all’esigenza che il giudice della separazione proceda ad un vaglio complessivo delle risultanze probatorie in ordine alla capacità reddituale delle parti, senza fermarsi all’esame delle dichiarazioni dei redditi, non potendo queste ritenersi per ciò stesso attendibili…” (cfr. Cass. n. 9535/2019).
La Corte inoltre ha evidenziato che “secondo la costante giurisprudenza di questa Corte le dichiarazioni dei redditi dell’obbligato hanno una funzione tipicamente fiscale, sicchè nelle controversie relative a rapporti estranei al sistema tributario (nella specie, concernenti l’attribuzione o la quantificazione dell’assegno di mantenimento) non hanno valore vincolante per il giudice il quale, nella sua valutazione discrezionale, può fondare il suo convincimento su altre risultanze probatorie” (cfr. ex multis, Cass. n. 769/2018).
Ne consegue la perfetta conformità del decisum del Giudice di secondo grado alle previsioni normative ed alla costante giurisprudenza di legittimità.
Avv. Cecilia Di Guardo